il laboratorio la didattica i corsi la struttura la stagione direzione artistica info
 
diario d'officina

si smettono gli abiti del mattino.
le scarpe. per prime le scarpe.
uno zaino, la borsa, la tracolla.
ne sfilo via -  senza fretta - indumenti che calzo sui miei pensieri
che striano di  ombre e di luci una pedana spoglia. nuda.
il silenzio. e il respiro. sono la misura dei miei passi.
sparigliate giungono poi le prime voci.
saluti, sorrisi, passi di corsa.
ed ognuno, non diversamente da me,
ritualmente e mai per abitudine, via le scarpe.
per prime, via le scarpe.
e la pedana è già palcoscenico.
una cantina, teatro.
e si muovono i primi passi dentro le officine teatrali.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
sono l'ultimo ad andare via.
spengo le luci.
ho fatto ordine.
poi sento ancora un clic-clac. è dentro o fuori di me?
sorridendo chiudo il pesante portone di legno...

index
 

 



venerdì, 21 gennaio
ci si incontra per caso,
lungo i vicoli di trastevere.
un caffè insieme, poi ci si avvia.

mentre i ragazzi dialogano tra loro
accendo la stufa.
a gesti abituali che consumo da solo,
la loro presenza, stasera,
dona una familiarità che forse io solo avverto.
la serbo per me.
ancora qualche minuto insieme...
poi... "via le scarpe..."

a volte procedendo nel lavoro,
si ha la sensazione di andare indietro.
o maggiore è l'esigenza di dare di più.
un po' di più.
sensazione strana che ha genesi
acquisendo maggiore padronanza dei propri mezzi
in uno alla consapevolezza di nuove soglie
oltre cui spingersi.
la colgo in piccole rigidità
che  non si sciolgono in "tensione"...
o tensioni che sono misura d'emotività... o del timore di sbagliare...
nuovi esercizi.
singolarmente prima, poi in coppia,
come se intorno fosse solo acqua...
per sentire di più il proprio corpo...
per sentire diversamente, tattilmente, lo spazio...
per sentire il compagno.
e confrontandosi con l'altro,
confrontarsi con se stessi.

il lavoro di due giorni fa. ancora.
come nessuna interruzione vi fosse stata.
echeggiano muti i versi di marquez
che ognuno vive silenziosamente dentro di sé.
e nella gestualità del compagno che è in scena.
e il non smettere di parlare.
di provocare.
di chiedere ancora di più...
-"basta il tuo sguardo ad allontanarmi da te...
  a fare che non ti creda oltre..."
-"il mio sguardo?"
-"sì... se è senza pensiero..."
e cominciare a dire di quell'equilibrio... pulizia... rigore...
misura...
che lentamente tramutano un semplice gesto
in un'emozione da offrire.
il corpo parla.
un gesto soltanto può già incidersi...
un gesto di più cancellare... elidere...

andiamo via tutti insieme. come ogni sera.
sul suo orologio
valentina insegue il "notturno"...
percorriamo un pezzetto di strada insieme, su per le scale...
tra il "notturno" e i nostri passi
si insinuano ancora parole che sanno d'officina...


.......next
back

  ©le Officine Teatrali - tutti i diritti riservati - credits