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diario d'officina

serata d'autunno incalzante.
per la prima volta di nuovo,
stasera il portone di legno che già ha accolto "cose di noi"
torna a schiudere i suoi battenti.
e si ritrovano percorsi... odori... suoni...
ancora trame di un discorso interrotto.
mai spezzato.
la luce fredda di neon
si scalda scivolando lungo i muri d'avorio
pregni ancora di emozioni vissute.
stasera di nuovo voci ricominciano ad inseguire sorrisi.
i sorrisi le voci.
occhi nuovi scrutano...
e ritualmente si ripetono gesti mai rituali.
riprendiamo il cammino.
semplicemente.
semplicemente.
senza scarpe di nuovo...
.
.
.
.
.
.
.
.
.
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.
.
.
.
di nuovo l'ultimo ad andare via.
di nuovo la sala buia.
ma non è vuoto.
come luminescente foschia riprende forma,
né basta a se stessa, la voglia di forgiare emozioni.
e donarle.
e la sento addosso.
e si richiude alle mie spalle
dopo aver ceduto ai miei passi che la fendono.
per un attimo mi giro...
allungo una mano...
fino a quanto illusoria
la sensazione di "tenere" tra le dita
l'inconsistente essenza che ci farà essere qui ancora domani?
le voci dei ragazzi... di fuori...
sorridendo ritorno a chiudere il pesante portone di legno...



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venerdì, 12 maggio 2006
impegni improvvisi
ci hanno costretto
a sospendere la lezione
dello scorso lunedì.
recupereremo.
più avanti.
prima della pausa estiva.

seduti attorno
ad un tavolino di legno chiaro,
ci fermiamo a parlare ancora,
stasera,
io, maria, mariapia...
è stato molto serrato
il confronto
sui testi scritti.
testi che abbiamo appena letto,
analizzato,
commentato.
ancora pretesti per un dialogo
che non smette di rinnovarsi,
di crescere,
di ambire...
di nutrire sogni semplici.
a volte fatti
di solo un'immagine celata
e che lentamente si svela,
qui,
attraverso l'ordito
di un breve racconto.
ed ancora dialoghiamo
del significato e del significare
delle parole...
del loro veicolare una verità...
e della mai casuale
"non coincidenza"
tra la verità che crediamo di recare
e quella che viene colta
da chi ci sta innanzi.
la scrittura e il teatro
ancora si lambiscono,
si penetrano,
si protendono e si mescolano
una con l'altro.
così, mentre i ragazzi
già ci raggiungono.
è stato appena
qualche giorno fa
il compleanno di margherita.
me ne rammento
appena distinguo nelle sue mani
una bottiglia di spumante
ed un piccolo vassoio
avvolto in carta rosa
che pare identica
a quella di una pasticceria
dove si compravano
i bignè...
in sicilia...
anni fa...
sorrido brevemente,
dentro me.
ancora qualche battuta
tra noi.
poi,
iniziamo.

so che è ancora
necessario
il lavoro a terra...
respirazione ed emissione...
non voglio abbandonarlo.
non ancora.
tutt'altro.
mi accorgo di quanto possa essere,
per i ragazzi,
propedeutico al lavoro che verrà.
di nuovo torniamo ad associare
allo svolgersi
degli esercizi
il rincorrersi di immagini.
non isolate.
legate tra loro.
di più.
le creiamo
lasciano confluire
le une nelle altre.
facendole assurgere
ad una sorta di binario
lungo il quale
cominciamo a muoverci
anche stasera.
di nuovo
il nostro lavoro sulle altezze.
ancora su tre note
crescenti,
dal basso verso l'alto.
ancora tre note
"comode".
la voce dei ragazzi
è sempre più sicura.
il suono pieno,
pastoso,
caldo,
teso.
ma abbiamo voglia
di andare
ancora oltre.
più in fondo.
le immagini
su cui lavoriamo
si fanno ancora più precise.
ancora più dettagliate.
e noi iniziamo
a modulare,
adesso,
su una sola tonalità.
tre diverse altezze,
su un tono alto.
ed ancora tre,
su una tonalità
bassa.
man mano che progrediamo
i ragazzi acquisiscono
sempre più sicurezza,
li avverto essere
più padroni
del loro mezzo vocale.
ma al tempo stesso
so che questi esercizi
hanno essenzialmente
la capacità
di far percepire
"il suono"...
educare alla sua
primissima modulazione...
liberare la voce
da invisibili nodi
che legano...
riuscire ad acquisire
sul palcoscenico
la stessa padronanza
è frutto
di un lavoro
ben più attento...
lungo... profondo...
ed ancora una volta
un andare avanti
per piccoli passi.
con la consapevolezza
e la determinazione
di ciascuno di quelli.
ancora.

beviamo il prosecco
che margherita ci offre.
auguri.
pasticcini
- non bignè -
nel vassoio avvolto
nella stessa carta
- non sbagliavo -
di quand'ero bambino.
infine spegniamo le luci.

riprendiamo il testo di campanile.
ancora galileo, stasera.
lo rileggiamo ancora
per chi non era stato con noi
la settimana scorsa.
i sorrisi
ritornano identici
mentre scorriamo
quel testo.
ed altre considerazioni
si aggiungono
a quelle già fatte.
un pezzo di storia...
galileo
è riforma e controriforma...
è lutero e papato...
è copernico...
è keplero...
è la famiglia dei medici...
è inquisizione...
apparentemente insolito
quanto tali argomenti
siano legati
ad un testo di un autore
cosiddetto "comico"
come a volte,
e riduttivamente,
viene etichettato
campanile.
eppure sono convinto
che qualsiasi
lettura
resterebbe superficiale
se non fosse essa stessa
investita
"del Tempo" di galileo,
non meno che "del tempo"
di achille campanile.
credo di sorprendere
un po' tutti
quando decido
di montare
quella scena...
di metterla in piedi.
dal fondo della sala,
galileo raggiunge
i saloni granducali:
una delle nostre sedie impagliate...
in centro al palcoscenico.
e già da subito
il nostro "luogo scenico"
ci restituisce
quanto sia condizionato
dalla "distanza" e dallo "spazio"
il rapporto tra due personaggi.
e quanto affiorino in noi,
se aderenti alla verità
in misura pari
a quanto ad essa
aderente è il testo,
la necessità
di tramutare in gesto
tutto ciò che lo stesso testo
detta.
e ambisce.
interrompo spesso.
riproviamo.
ogni qualvolta
i ragazzi
mi restituiscono
vuoto,
senza pensiero,
il loro agire.
un fatto "estetico",
come già altre volte
abbiamo avuto
modo dire,
non "strutturale".
e parliamo.
ed io spiego loro.
e loro spiegano a me.
e cerchiamo motivazioni.
e le traduciamo
in codice
che è linguaggio del teatro.
che esige tempi.
ritmi.
e reciprocità,
in scena.
sempre.
anche quando è silenzio.
parole,
concetti,
idee,
che hanno spesso
aleggiato tra noi
nelle ore
del nostro "giocare"
e che anche stasera
ritroviamo di nuovo.
e progredendo nel montaggio
ci muoviamo sempre
più dentro ai personaggi.
cogliamo nuovi colori
che si aggiungono
a quelli
già nostri
fin dalla lettura
e dall'analisi testuale.
le battute scorrono una dietro l'altra.
lentamente.
senza fretta.
facciamo attenzione
a non "affastellare"...
a non sovrapporre...
a non contaminare
i linguaggi...
i segni...
quelli del corpo...
quelli della gestualità...
quelli della parola...
e man mano
diventa sempre più difficile
"controllare"
tutti questi "segni"
che insieme
divengono
un solo "fatto" teatrale.
alternando i ruoli,
ma ognuno
interpretando tutto,
giungiamo alla fine
di questa piccola pagina
di teatro.
è ancora uno schizzo.
un tratto di matita lievissimo
insicuro
sporco...
ma già leggibile...
adesso è un lavoro di lima.
di pulitura.
un apporre i colori...
uno per volta.
senza fretta.
e sfumarli.
e lasciare che l'uno
degradi nell'altro.
ma una cosa
già si avvertiva.
i ragazzi avvertivano.
il loro sentirsi
estranei
a quanto accadeva
intorno a loro,
sulla nostra "scena",
quando
nulla era sostenuto
da un pensiero.
li ho visti sudare,
stasera.
davvero sudare
percorrendo
più volte
la lunga sala
delle officine.
sudare,
ma in ognuno di loro
un sorriso nato
dalla voglia
di essere
ciò che in quel momento erano...
ed anche
la capacità di divertirsi...
non in senso ludico,
ma nel calarsi
dentro un gioco
e viverlo...
e per vivere
un gioco,
bisogna conoscerne
le regole...
e rispettarle.
tutte.
altrimenti
il gioco svanisce
e restiamo solo noi
a bluffare
dentro uno specchio
dove sola è l'immagine
di qualcosa
che non è...
che non sarà...

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